Bitcoin e le criptovalute da Satoshi a Musk

Strumento di pagamento o nuova asset class? Investimento per tutti o rischio troppo alto? Ecco cosa bisogna sapere.


Elon Musk ha dato la scarica elettrica che ha spinto il bitcoin ai nuovi massimi storici a 43mila dollari: aveva fatto le prove generali mettendo l’hashtag #bitcoin sul suo profilo social, poi ha annunciato che la sua Tesla ha investito qualcosa come 1,5 miliardi di dollari nella criptovaluta numero uno, quella che per molti è l’unica e originale. Tutte le altre sono solo imitazioni destinate a sparire.
Ma intanto l’intero comparto delle criptovalute si conferma come una delle asset class più remunerative dell’ultimo decennio. Ma chi sa anche solo un minimo di finanza è ben consapevole che più alto è il rendimento e più alto il rischio. Il fascino del comparto va quindi di pari passi con una volatilità che non trova riscontri nel mondo della grande finanza.
Il bitcoin è uscito dai circoli ristretti di un’elite di criptoentusiasti nel 2017 quando in dodici mesi passò da meno di mille dollari a un picco prossimo a 20mila. Poi nel giro di neanche due mesi era crollato a quasi un terzo del valore, poco più di 7mila, per poi proseguire tra alti e bassi adatti solo a investitori dal cuore forte facendo gridare allo scoppio della bolla.

1. Una nuova asset class

Nel 2020 il bitcoin è tornato protagonista proprio nel pieno dell’emergenza del Covid19, candidandosi come nuova asset class. In effetti quella di Musk è stata soltanto la consacrazione di uno dei grandi, sia pur discussi, innovatori della nuova economia.
Esattamente come il bitcoin, che coniuga una grande promessa di innovazione del sistema finanziario globale con le polemiche e le critiche di chi lo vede solo come una truffa adatta solo per il riciclaggio di denaro sporco e per traffici illeciti. Lo considerava così anche Jamie Dimon che quattro anni fa arrivò a minacciare di licenziamento qualsiasi trader della sua Jp Morgan se lo avesse scovato a giocare con le criptovalute.
Poi anche lui ha dovuto soccombere di fronte alle richieste dei suoi clienti di investire in uno strumento che garantisce rendimenti da favola. Oggi Dimon ammette che bitcoin ha grandi prospettive e la sua banca arriva a prevedere che possa salire fino a 146mila dollari.
Ma la vera consacrazione è arrivata da Blackrock, il più grande fondo globale che recentemente ha sdoganato il bitcoin abilitando due suoi fondi a operare sui futures. Non è il solo: anche attori più conservativi come la compagnia MassMutual e la Fondazione Guggenheim hanno investito a piene mani in bitcoin.
L’unico che rimane fedele alla sua linea è Warren Buffett: per lui che investe sulla base del valore la criptovaluta rimane fumo negli occhi.

2. Oro digitale

Eppure iniziano a esserci anche aziende che puntano sul bitcoin per investire e gestire la propria liquidità. Lo ha fatto per prima Microstrategy: il Ceo dell’azienda di business analytics ha convinto il suo Cfo a investire nella seconda parte del 2020 oltre un miliardo di dollari a un prezzo di carico medio di 16mila dollari. Ai valori attuali quella somma è lievitata di più di due volte e mezzo.
Difficile sapere quale sia il prezzo di carico per Tesla, me non c’è dubbio che anche Musk si stia fregando le mani per l’investimento in quello che molti iniziano a indicare come oro digitale, destinato comunque a rivalutarsi. Sia pur tra alti e bassi da brivido.
Ma è innegabile che nel corso degli anni il valore si sia rivalutato e che i minimi annuali si confermino su una scala crescente.
Il parallelo con l’oro fisico è attribuibile all’architettura stessa del bitcoin che per sua natura ha una massa monetaria stabilita che non andrà oltre i 21 milioni di pezzi. Oggi siamo a poco più di 18,6 milioni.

3. Cos’è bitcoin

Così ha stabilito il misterioso Satoshi Nakamoto quando nel 2008, all’indomani del fallimento di Lehman Brothers e della crisi che ne seguì pubblicò il paper che fissava i criteri di bitcoin: un sistema di pagamento tutto digitale, protetto da sistema crittografico, che permetteva transazioni di denaro tra pari, senza aver bisogno di intermediari e senza il rischio di “double spending”, di truffe in cui il denaro veniva scambiato più volte.
Quello che ha messo in piedi Satoshi è un meccanismo, estremamente complesso, basato su algoritmi e chiavi criptate, di una valuta del tutto digitale che funziona su blockchain, un sistema a registri distribuiti, senza una Banca Centrale che emette le monete così come delle banche che ne certificano le transazioni.
Insomma quello che introduce bitcoin è un meccanismo automatico che promette di fare a meno di qualsiasi intermediario in maniera sicura e trasparente, dal momento che sulla blockchain di bitcoin tutti possono sapere tutti i movimenti di tutte le controparti. Che però sono degli indirizzi mail dietro a cui non tutti sanno chi si nasconda.

4. Le altre criptovalute

Sul modello della prima, sono proliferate tante altre criptovalute, ognuna con un suo meccanismo e una sua blockchain. Per i “puristi” solo bitcoin garantisce un sistema davvero autonomo in cui non possono essere cambiate le regole e in cui non si ricreano poteri centralizzati.
Però il meccanismo si è diffuso e oggi se ne contano quasi 8.500 con una capitalizzazione complessiva di quasi 1.300 miliardi di dollari. Ma oltre duemila sono quelle nate e sparite in questi dodici anni. E molte di quelle ancora esistenti sono destinate a sparire.
La seconda criptovaluta per valore è Ethereum, impostasi come piattaforma per lo sviluppo di smart contracts, contratti che si concludono da soli sulla base di determinate condizioni, eliminando anche in questo caso ogni sorta di intermediazione. Tra le più famose che si vanno imponendo sono le “stablecoin”, criptovalute legate a una valuta tradizionale o un bene fisico.
Il discusso Tether è una sorta di criptodollaro e così dovrebbe essere anche Diem, la criptovaluta di Facebook, ma ci sono anche valute legate all’oro.

5. Come funziona

Il criptomondo non è proprio alla portata di tutti: per comprare e vendere bisogna avere un wallet digitale, con un complesso sistema di password e tutti i rischi conseguenti in termini di sicurezza, oppure rivolgersi a operatori specializzati non sempre così trasparenti.
Nessun bitcoin è stato hackerato, ma furti di bitcoin sono avvenuti frequentemente presso questi operatori. Per le transazioni ci sono exchange specializzati che non sempre agiscono in maniera molto trasparente: hanno quotazioni in dollari ed euro, ma con quotazioni spesso molto diverse una dall’altro, soprattutto in momenti ad alta volatilità.
È vero che i wallet sono indirizzi mail, ma ormai è prassi comunque per gli exchange richiedere identità e riferimenti degli utenti da registrare, per evitare qualsiasi problema legato al riciclaggio.

6. Come si compra (e si vende)

Anche sotto questo aspetto il mercato si è trasformato rispetto a pochi anni fa e oggi sono disponibili applicazioni che rendono semplici e sicure le transazioni in bitcoin.
In Italia c’è per esempio Conio, app che abilita acquisti e vendite anche da smartphone, con un sistema di protezione di password tra due attori su tre: semplificando le chiavi di protezione sono in mano all’utente, a Conio e a un ente terzo certificato. Per operare servono due chiavi su tre.
Si stima che circa il 20% dei bitcoin emessi in rete siano ormai irraggiungibili perché i legittimi proprietari hanno perso le chiavi (oppure sono deceduti senza lasciarle): in questo caso i patrimoni sono irraggiungibili e perduti per sempre.
Conio ha siglato un accordo con Banca Sella per permettere ai clienti dell’istituto di operare in maniera semplice sulle maggiori criptovalute e, mediante le piattaforme di open banking, la soluzione è a portata di mano di altre banche.Recentemente Banca Generali ha scommesso sull’innovazione entrando nel capitale della startup.
Parallelamente si è andato strutturando anche il mercato ufficiale, con contratti futures, che a breve interesseranno anche Ethereum, e strumenti che permettano di puntare su bitcoin senza dover investire direttamente. In attesa che si arrivi anche al via libera per gli Etf.

7. Cosa si compra

Il grande rialzo del 2020 è iniziato in autunno, quando PayPal ha annunciato che avrebbe accettato pagamenti in bitcoin. Il colosso dei pagamenti digitali innovativi è stato in realtà il primo grande player a uscire allo scoperto sdoganando le criptovalute per i suoi 346 milioni di utenti. Adesso anche Tesla, oltre a investire la sua liquidità in bitcoin, ha annunciato che li accetterà.
In realtà la rilevanza di questi annunci sta nell’apertura del criptomondo a milioni di nuovi utenti: gli utenti di PayPal, per il momento quelli Usa, avranno a disposizione un wallet digitale per aggirare la complessità di quel mondo e poter investire in maniera semplice e immediata.
Quel che è certo è infatti che quello che Satoshi aveva modellato come sistema di pagamento digitale in realtà ha deluso proprio da questo punto di vista. Non c’è dubbio infatti che la prima qualità di uno strumento di pagamento è la stabilità, a protezione di entrambe le parti della transazione, qualità che però non è esattamente il punto di forza di bitcoin. Proprio a causa dell’enorme volatilità anche sul brevissimo termine che ne sconsiglia questo utilizzo.
Diversi retailer, tra cui Microsoft, At&t, Home Depot e Overstock, accettano pagamenti in cripto, ma nella realtà sembra più un’operazione di marketing per attrarre nuove fasce di pubblico.

8. Quale valore

Jp Morgan sostiene ora che il bitcoin potrebbe arrivare ad avere un valore di 146mila dollari entro fine anno, altri vedono quota 500mila.Quel che è certo è che non rappresenta un’economia o un’azienda, quindi non ha un valore intrinseco.
A ben vedere il suo valore è pari a zero, ma ne assume sulla base della accettazione e dell’uso che ne viene fatto. Ecco perché gli annunci di Tesla e di PayPal sono diventati importanti, al pari degli strumenti finanziari che hanno segnato la progressiva maturazione del mercato.
Tenendo conto del fatto che il bitcoin è una risorsa finita, che non potrà andare oltre la soglia dei 21 milioni, si capisce la corsa all’acquisto.

9. Cosa ne pensano le Authority

Un’altra delle poche certezze attorno a bitcoin è che le Authority finanziarie in tutto il mondo non lo vedono di buon occhio: non solo un parvenue che promette di far saltare il banco, ma un rischio vero di destabilizzazione per il sistema finanziario e per gli investitori.
Il miraggio di una quotazione in continua ascesa si scontra con un mercato altalenante e che moltiplica i rischi di frodi ai danni di chi si fa prendere dall’entusiasmo di facili guadagni.
Nell’ultimo periodo la presidente della Bce Christine Lagarde ha sollecitato una regolamentazione globale per il settore, utilizzato per il riciclaggio e per la attività illegali, parere condiviso anche dal neosegretrario al Tesoro Usa, nonché ex presidente della Fed Janet Yellen.
La Fca, la Consob inglese, ha ammonito i risparmiatori a prepararsi a perdere tutti i loro soldi maneggiando le criptovalute.
Un’opposizione che aveva incontrato anche il progetto di criptovaluta di Facebook cui avevano inizialmente aderito anche grandi player finanziari e industriali globali che poi si sono ritirati dal progetto, più o meno spontaneamente. Libra, che avrebbe dovuto essere ancorata a un paniere di valute, è così evoluta in Diem, stablecoin legata al solo dollaro, pronta a partire nella prima parte del 2021.

10. Le criptovalute di Stato

Se Facebook ha dovuto ridimensionare i progetti, la sua criptovaluta ha smosso le acque accelerando i progetti di digitalizzazione delle monete a corso legale. Le valute digitali di Banca centrale sono diventate ora terreno di sperimentazione in tutto il mondo su un terreno che potrebbe essere la prossima arena per consolidare l’influenza economica sullo scacchiere internazionale.
Non è un caso quindi che il progetto più avanzato di valuta digitale sia quello di Pechino, che ha avviato dalla scorsa estate una sperimentazione concreta dell’implementazione di yuan digitale.
Anche la Bce non vuole rimanere indietro lanciando un dibattito pubblico per individuare contorni e modalità di un euro digitale. Che non necessariamente sarà una criptovaluta, anche se dalle prime indicazioni è probabile che possa essere così.
Anche se sarà ben diverso da bitcoin.