Il riferimento finanziario per il comparto tecnologico
Il Nasdaq ha tagliato il mezzo secolo di vita. Cinquant’anni e non sentirli verrebbe da dire alla luce delle performance mirabolanti degli ultimi anni. L’indice Usa, diventato il benchmark per il mondo della tecnologica, fu lanciato infatti l’8 febbraio del 1971.
Apple arrivò nel 1980 e Microsoft nel 1986.
All’inizio del 2009 l’indice scambiava intorno ai 1.300 punti: da quel minimo è partito un rialzo ultradecennale, tutt’ora in corso, che ha portato a un progresso intorno al 1.000 per cento. Un rally senza precedenti per chi ha creduto nella tecnologia.
L’unica discesa violenta si è consumata lo scorso marzo dopo la crisi legata alla pandemia, con l’indice sceso intorno ai 6.000 punti. Poi il boom dell’hi-tech, durante la fase pandemica, ha fatto ripartire gli acquisti raddoppiando le quotazioni in meno di un anno.
Oggi l’indice Nasdaq composite vale più del doppio del massimo del 2000, Il mondo tecnologico è diventato una fabbrica di utili.
Non solo high tech
In via convenzionale il Nasdaq viene definito come il listino della tecnologia. Questo è vero parzialmente perché non sono quotati solo titoli legati al mondo high tech. Ci sono anche comparti molto distanti dalla “new economy” e più legati a settori tradizionali.
Negli ultimi 5 anni sul Nasdaq è cresciuto il peso della tecnologia passando dal 42% al 48% mentre hanno perso terreno l’healthcare sceso dal 14 al 10% e il finanziario passato dalll’8% al 5%. Infine all’apice della bolla sul Nasdaq composite erano quotate circa 5mila società, nel decennio successivo si sono dimezzate a 2500 e dal 2009 a oggi sono rimaste tali.